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Diario di bordo di un’estate in barca a vela tra Sicilia e Tunisia

13 luglio - 13 agosto 2006


Finalmente si parte!!!

Dopo un inverno di accurata preparazione della nostra Spirit of Pamir, un’Alpa 9.50 del 1972 ancora in ottima forma, siamo pronti per ripartire alla scoperta di nuove mete e di nuove conoscenze.

Quest’estate ci eravamo ripromessi di tornare in Grecia, in flottiglia con i nostri amici velisti, ma, come sempre, siamo rimasti da soli, e per non rifare le stesse rotte abbiamo deciso di andare alla scoperta della Tunisia.

Sono le 06.00 del mattino del 13 luglio quando lasciamo il porto di Reggio Calabria con destinazione Siracusa. Una brezza da NW ci spinge dolcemente e con l’aiuto del motore facciamo 6 nodi; la navigazione si prospetta tranquilla, mettiamo in ordine le ultime cose, controlliamo la rotta, prepariamo la canna per una trainata e, tra una lettura e uno spuntino, ci facciamo trasportare da Pamir che naviga scortata da un gruppo di delfini che giocano con la sua prua.

Sono passate già 8 ore e lo stomaco inizia a reclamare, Anna prepara degli antipastini e un’insalata e proprio mentre ci apprestavamo ad assaporarli, la canna inizia a fischiare. Rallentiamo e iniziamo le operazioni di recupero che però si presentano più difficili del solito per la mole del pesce che continua a combattere con tenacia. Finalmente lo tiriamo a bordo, è una bella alalunga, che allieterà le tavole dei vari amici in banchina la sera stessa. Intanto il vento inizia a girare da SE e si stabilizza sui 15 nodi facendoci arrivare a Siracusa verso le 18.00 soddisfatti della veleggiata finale.

Sono tutti qui ad accoglierci gli amici della flottiglia dei classici pronti a trascorrere 4 giorni di festa e di sano sport grazie all'evento “Yachting Memories” che la Lega Navale di Siracusa organizza ogni anno esclusivamente per le barche classiche.

Trascorrono velocemente i giorni tra regate, tuffi, escursioni e cenette con vecchi e nuovi amici della flottiglia e intanto teniamo d’occhio il meteo in previsione della prossima tappa.

Il 19 luglio salpiamo di buon mattino con destinazione Scoglitti (75mg). Procediamo a motore fino a Capo Passero poi un venticello da N ci accompagna a destinazione entro le 19.00. Il porto sembra abbandonato ma ben riparato, ed è stracolmo di pescherecci con un fondale che oscilla intorno ai 2-2,5 m. Non troviamo un buco per sistemarci e anche se alcuni pescatori ci indicano un boa nell’avamporto decidiamo di proseguire la nostra navigazione fino a Sciacca.

Ormai è il tramonto e l’arrivo del buio quando la navigazione continua di notte ci dà sempre sensazioni nuove a cui è difficile abituarsi. Il sole che dopo una giornata di lavoro intenso si appropinqua a riposarsi per lasciare il posto alle stelle ci trasferisce un senso di abbandono…

noi lì, in mezzo al mare, spesso senza neppure avvistare le luci della terra, restiamo soli, non più riscaldati dal sole ma inghiottiti lentamente nel buio pesto delle tenebre notturne.

Per fortuna questo senso di abbandono dura giusto il tempo del tramonto e viene spesso attenuato dai preparativi per passare una tranquilla e sicura nottata di viaggio.

Navighiamo tutto il tempo a motore aiutati dal pilota automatico e in compagnia di una colorata farfalla che accetta il nostro passaggio supportandoci nella lettura del carteggio. Verso le 4.00 del mattino viene in aiuto un bel vento al traverso che ci consente di far riposare il motore. Dopo aver percorso 147 mg entriamo nel porto di Sciacca, sono le 9.00 del mattino. La darsena della locale Lega Navale è molto accogliente, tranquilla e offre una serie di servizi (bar, bagni, docce e lavanderia), inoltre per i soci il primo giorno è gratuito mentre i successivi costano solo €20.

Sistemata la barca recuperiamo un po’ di sonno della notte precedente e poi ci addentriamo nel suggestivo paesino caratterizzato da tipiche stradine e variopinte ceramiche. Per assaggiare qualche piatto tipico della zona ci fermiamo alla trattoria “La vecchia conza” che con €25 a testa offre una degustazione di antipasti vari, tre assaggi di primi, un secondo di carne o di pesce e la macedonia, tutto di ottima qualità. Il giorno seguente decidiamo di trovare un’alternativa al bagno a mare e ci sollazziamo al sole ai bordi di una piscina termale del centro termale che sorge a Sciacca.

E’ il 20 luglio quando si riparte con destinazione Pantelleria. Ci sono 67 mg da percorrere, partenza all’alba così da arrivare col giorno e poterci sistemare al meglio.

La navigazione nel temuto Canale di Sicilia è bellissima, corriamo con le vele spiegate al traverso e solo nelle ultime miglia si alza un po’ di onda che, scopriamo, in prossimità dell’isola è sempre presente.

Dopo qualche difficoltà per trovare l’imboccatura del porto, all’interno ci aspetta un’accoglienza che non è delle migliori. Chiediamo ad alcuni pescatori se possiamo ormeggiaci nel porto nuovo ad un pontile all’apparenza abbandonato e un po’ disastrato, loro rispondono sgarbatamente di no, di andare nel porto vecchio dove quella sera peraltro si “ballava” da morire. In effetti il porto vecchio è comodo perchè si è già in centro ma, a parte l’attrattiva degli scogli sommersi che in verità sono mura archeologiche, si balla anche con bel tempo, poi se si alza maestrale bisogna scappare. Il porto nuovo invece seppure sia un po’ squallido, senza luce né acqua e la sera si riempia come un uovo di pescherecci, offre un buon riparo anche dal maestrale.

Anna è un po’ delusa, se ne andrebbe subito, ma si ricrede il giorno dopo quando partiamo alla scoperta dell’isola che si rivela un piccolo paradiso.

In qualche giorno, in groppa a un comodo quad in affitto, affrontiamo le impervie stradine dell'isola che sono buona parte in terra battuta. La nostra prima attrattiva è il "Lago di Venere", un bellissimo specchio d’acqua alimentato sia dalle sorgenti termali che dalle piogge, caratterizzato da tonalità che degradano dal turchese al verde tanto da avere l'impressione di trovarsi in una baia polinesiana. L’acqua è caldissima e il piacevole bagno è comprensivo di fanghi grazie al fondale ricco di fango nero-verdastro carico di sostanze nutrienti che ci ricorda l'isola di Vulcano. Il giro riprende con destinazione "Laghetto delle ondine". Per arrivarci dobbiamo fare un tratto di strada impervia ma lo spettacolo ripaga il sacrificio. Scegliamo poi di inoltrarci verso l’interno dell’isola per arrivare nel suo punto più alto. Dopo un percorso accidentato ci rendiamo conto di avere sbagliato strada e rinunciamo dirottando verso il "Bagnasciutto", una sauna naturale dentro una grotta davvero suggestiva. È già il tramonto e Pamir ci aspetta per una romantica cenetta seguita da una passeggiata al centro. Per scoprire invece le bellezze marine dell’isola ci affidiamo ad uno dei tanti barcaioli locali. Il nostro è davvero speciale, si chiama Fabio e la sua barca è Vivere il mare. Questa esperienza è davvero unica: grotte, acque cristalline e calde, paesaggi incantevoli e pesci di ogni tipo. Per fare il giro occorre quasi una giornata e si è coccolati dal moto ondoso del Canale di Sicilia e dagli stuzzichini di prodotti locali offerti da Fabio. I giorni dedicati a Pantelleria sono ormai terminati lasciandoci la convinzione che questa è un’isola bellissima, ancora poco contaminata dalla civiltà e dalla tecnologia, un posto dove trascorrere una vacanza lontano dalla confusione.

Ripartiamo di buonora dopo un’occhiata al meteo e un breve rifornimento di passito, il tipico vino dolce locale. Pamir è pronta per affrontare le 45 mg di Canale che ci separano da Kelibia, il porto più vicino della Tunisia dove poter fare dogana. La breve traversata è davvero eccezionale, una bolinata fantastica che in otto ore ci porta dentro il porto, sovrastato dal possente castello. Ormeggiamo all’inglese vicino ad altre barche a vela che in tripla e quadrupla fila sono sistemate nel piccolo tratto di pennello destinato al diporto. Non ci lasciano neppure il tempo di finire di sistemare l’ormeggio che già piombano in barca il doganiere e il poliziotto per sbrigare le pratiche d’ingresso. Le procedure per fare dogana sono semplici e si svolgono in tranquillità e cordialità grazie anche a qualche bottiglia di birra e di vino che il poliziotto accetta di buon grado. Il porto di Kelibia è grande, ben riparato, colmo di pescherecci e con un mercato ittico attrezzato. L’ormeggio per il diporto è però arrangiato, ma simpatico, perchè facilita le conoscenze con i vicini di barca. È fornito di luce e acqua e costa solo 12 dinari. A Kelibia ci fermiamo solo un giorno, il tempo di fare un giro per il paesino e gustare, distesi su un tappeto, un the con menta e pinoli intervallato da qualche aspirata di narghilè, il tutto in un baretto all’interno al castello che offre come sfondo il luccichio della città sottostante.

Il mattino seguente siamo diretti ad Hammamet, città turistica e ben attrezzata per il diporto. Il marina è a dir poco spettacolare. All’ingresso ci vengono incontro con un gommone e ci aiutano nell’ormeggio, qui sono disponibili tutti i servizi e il costo di stazionamento è veramente irrisorio (15 dinari al giorno). Facciamo una passeggiata all’interno del marina e ci rendiamo conto che il terzo mondo non è qui, ma da noi!

Sembra di essere nella Portorosa del futuro. Oltre ai posti barca, infatti, ci sono numerosi edifici destinati ad alloggi per l’estate supportati di piccoli negozi, bar e ristoranti. Insomma come sarebbe dovuto essere Portorosa, ma in scala più grande. Il paese, Jasmine Hammamet, è un posto incredibile perché offre tutto ciò che un turista occidentale possa sognare a discapito però dell’originalità del posto. Forse meno snaturata ci sembra la medina di Hammamet dove entriamo a contatto con il carattere un po’ assillante ma cordiale del venditore tunisino. Se non si è preparati e un po’ smaliziati si rischia infatti di restare impelagati all’interno dei negozi e di acquistare qualsiasi cosa pur di allontanare il venditore da torno. Il nostro soggiorno ad Hammamet dura quattro giorni durante i quali ci spostiamo con i taxi o con i louage (pulmini da 8 posti o macchine che partono solo quando sono pieni) per visitare i centri interni. Facciamo anche una capatina a Tunisi che ci piace molto e dove continuiamo a fare spese per portare un ricordo da questa terra affascinante. La discesa per le coste tunisine procede verso l’ultima tappa di questo viaggio, Monastir. Il marina è quello che preferiamo tra tutti perché si respira un’aria di familiarità (qui molti italiani lasciano svernare la barca) e si trova al centro della città. Qualche altro giorno di sosta con scampagnate a Kairouan (la città del tappeto) e cenette succulente a base di pesce nei ristoranti più chic al prezzo di una pizza in Italia.


Dopo aver visitato moschee, medine, castelli e bazar sentiamo di esserci ambientati bene e affezionati a questi posti soprattutto perché i tunisini sono un popolo educato e ospitale, soprattutto nei centri più piccoli. Ma sono già passati 10 giorni dal nostro arrivo in Tunisia e si avvicina il momento di ripartire. Decidiamo di rientrare facendo rotta verso le Egadi così da concludere la circumnavigazione della Sicilia, ma le previsioni meteo non sono molto incoraggianti.

È il 3 agosto e o partiamo adesso, o restiamo bloccati per chissà quanti giorni! Ci alziamo quindi di buonora, sbrighiamo le pratiche doganali e via in alto mare. Anna è un po’ intimorita per le condizioni del mare ma per fortuna troviamo un vento da nord-ovest sui 15 nodi con onda al traverso che consentono a Pamir di correre come un treno di tanto in tanto scortata dagli amici delfini. Per strada “muore” il pilota automatico (già ferito e più volte medicato), ci tocca quindi timonare a turno per tutta la traversata. Anche la pompa di sentina si fa influenzare della perdita del compagno e comincia a fare bizze. Al tramonto il vento cala sensibilmente, accendiamo il motore e il rollio finora poco avvertito grazie alla navigazione a vela, ora diventa fastidioso. All’orizzonte compare Marettimo ma ancora più lontano si avvistano nuvole e qualche lampo poco rassicurante, decidiamo quindi di saltare le Egadi e far rotta direttamente su San Vito lo Capo dove, in caso di cattivo tempo, siamo ben riparati. Il rollio continua incessante e diventa per noi sempre più insopportabile, le tenebre della notte sono calate e soltanto alle 3 del mattino diamo fonda nella rada sabbiosa di San Vito dopo aver percorso 115 miglia. Trascorriamo due giorni nella bellissima baia tra bagni, caccia di sogliole e passeggiate nel ridente e turistico paesino nell’attesa che passi il cattivo tempo. Un occhio alle previsioni meteo e alle 6 del mattino del 6 agosto molliamo gli ormeggi diretti a Cefalù. Le previsioni ci prospettano una tranquilla veleggiata con vento da nord-ovest di circa 10 nodi e, se anche il mare fosse un po’ formato, poco male, l’avremmo al giardinetto e ci spingerebbe verso la nostra rotta.

Mai le previsione furono così galeotte! Partiamo sì con la brezzolina di poppa, ma invece di attenuarsi questa, doppiato Capo Gallo, si intensifica fino ad un’intensità di 35 nodi con conseguente aumento del moto ondoso. La tranquilla e stimolante veleggiata diventa presto impegnativa, le onde frangono nel pozzetto e il tender, ahimè al traino, plana sulle onde fino a capovolgersi. È un’impresa rigirarlo e tirarlo a bordo, ma ci insegna che durante lunghi tragitti, anche con le più rosee previsioni, conviene sempre renderlo “inoffessivo”, tenendolo in coperta. Ora tocca al fiocco, bisogna ridurlo non senza fatica e correndo il rischio per due volte di straorzare. Pamir avanza sulle onde ad una velocità media di 6 nodi compiendo planate a velocità insospettate di 8-11 nodi per una barchetta delle sue dimensioni. Arriviamo a Cefalù alle 17 coperti da uno strato bianco di salsedine e scompigliati dal vento e dagli spruzzi, il marina e la rada di fronte si presentano super affollati e trovare un posticino per noi si rivela l’ultima impresa della giornata. Intanto vediamo arrivare barche soccorse a traino dalla Capitaneria di Porto, mentre nella rada siamo all’erta per capire come si comportano le ancore sotto le forti raffiche di vento. Finalmente in serata ritorna la tranquillità e noi crolliamo come due pere cotte.

Dopo due giorni siamo nuovamente in alto mare diretti alle isole Eolie dove concluderemo questa lunga vacanza. Stavolta traversata tutta a motore, non c’è vento e il mare è una tavola quasi volesse premiarci di averlo “sopportato” l’altro giorno. Le Eolie sono affollate come normalmente accade per tutto il mese di agosto. I marina sono of limits per le piccole barchette come la nostra e le rade più riparate sono prese d’assalto da armatori e skipper di ogni genere che non si fanno alcuno scrupolo nell’ormeggiare. Il risultato è isole invivibili e mare poco sicuro per la troppa gente inesperta e spregiudicata che mette a rischio non solo la propria barca, ma anche quella degli altri.

Passiamo cinque giorni nei quali scontiamo tutto il riposo e la gioia di viaggiare finora accumulati. La permanenza diventa una sofferenza anche per il cattivo tempo che ci ha spesso relegato in rada senza poter scendere dalla barca anche per paura che arrivasse lo scapestrato di turno e ci spedasse l’ancora. Per fortuna siamo in buona compagnia con i nostri amici reggini che sono qui “a soffrire” già da qualche settimana e con i quali organizziamo succulente cenette.

È il 13 agosto e, ormai stanchi di subire le bizzarie del tempo, decidiamo di rientrare a casa. Le 40 miglia che ci separano da Reggio le percorriamo quasi tutte a vela con il solito vento da nord-ovest che arriva a soffiare a 25 nodi. Il rientro in darsena ci riporta subito alla triste realtà della ripresa dei ritmi quotidiani lavorativi, ma stavolta siamo appagati di esser riusciti a trascorrere così tanto tempo in barca (un mese intero) alla scoperta di nuovi posti, a ritrovare i vecchi amici, ma soprattutto a continuare ad accrescere la nostra esperienza marinaresca e saziare l'inesauribile desiderio di mare.

 
 
 

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1 Comment


nino.romeo13
Jun 14, 2021

Davvero eccezionale. Un poco più di foto e qualche video?

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